Zappa! Cucina! Forbici!. La giornata di lavoro inizia con un’esortazione collettiva, ogni settimana una diversa. Un po’ come fanno gli scout o le squadre di calcio prima della partita, un modo per fare gruppo e darsi la carica. In fondo anche loro sono una squadra. Non avevano mai fatto un’esperienza di lavoro nella loro vita e invece adesso sono puntuali, ogni mattina alle 8,30, pronti per partire. Maria Teresa Pati è presidente della Fondazione Div.ergo-Onlus, capofila del progetto Utilità marginale, nato alla fine di ottobre dell’anno scorso, che coinvolge giovani con disabilità intellettiva. Il progetto accoglie l’eredità di altre due esperienze già avviate, ma il bando Terre Colte 2017 è stata la spinta che ci ha permesso di fare il salto. Il recupero di terreni abbandonati e incolti Il bando Terre Colte, promosso da Fondazione CON IL SUD ed Enel Cuore, nasce per trasformare territori incolti o abbandonati in un’occasione di inclusione sociale e di sviluppo. Utilità marginale è tra i progetti selezionati dal bando e prevede l’inserimento lavorativo di 10 giovani con disabilità intellettiva, 3 con contratti a tempo indeterminato e 7 con borse di formazione lavoro. L’elemento più innovativo è il recupero di cinque fondi nella periferia di Lecce: un ettaro incolto, due ettari abbandonati e uno sottoutilizzato che si sono aggiunti all’orto di partenza. Queste terre sono state coltivate fino a quindici anni fa, poi i figli e i nipoti non erano più interessati o sono andati a vivere in un’altra città. E qui entra in scena la squadra di Utilità Marginale. I giovani hanno età diverse (dai 22 ai 45 anni) e hanno storie molto lontane tra loro. Ma ora c’è qualcosa che li unisce: la scoperta della passione per la terra. All’inizio erano pigri e diffidenti, non amavano sporcarsi le mani. - spiega Pati - Ora sono entusiasti. Le famiglie ci raccontano che a casa parlano del ciclo delle stagioni in agricoltura. All’Open Day con Slow Food erano loro a fare da guida ai visitatori. La giornata di lavoro è organizzata così: tutte le mattine ci si ritrova nella sede della fondazione e si parte insieme per i campi. Ogni ragazzo ha un compito: chi recupera gli attrezzi, chi sistema gli zaini, chi raccoglie i cellulari. Ci si dispone in cerchio, si mette a fuoco il programma della giornata, si lancia il grido collettivo e si inizia a lavorare, sotto la guida di due operatori della cooperativa Filodolio. Dopo la pausa a metà mattina, quando si prepara a turno la merenda, si assiste a lezioni tecnico-pratiche, quella che chiamiamo l’Università dell’agricoltore. Grazie al bando i ragazzi stanno imparando un mestiere: a coltivare, piantare un bulbo di zafferano, bruciare le sterpaglie. Per una filiera agricolo-sociale sostenibile Ma cosa si coltiva? Naturalmente dipende dalla stagionalità. Si va dalle colture tradizionali del Salento come legumi, fava cicerchia, cece nero e zafferano, a quelle innovative come i micro-ortaggi (rapa, cavolo broccolo, cavolo viola, basilico violetto, carota, bietola, ravanello, rucola, sedano) e alle piante spontanee come il topinambur. L’obiettivo è creare un modello di filiera agricolo-sociale sostenibile. In questi due anni vogliamo dare continuità al progetto per riuscire a camminare sulle nostre gambe spiega la presidente di Div.ergo-Onlus. Si prevede di commercializzare i prodotti attraverso accordi con la cooperativa Jemma, di coinvolgere il portale e-commerce Passalorto.it per la consegna a domicilio e la società agricola Terre Lucane per la trasformazione del topinambur in conserve sott’olio. Sono previsti anche incontri con agricoltori locali sulla biodiversità pugliese, le colture tradizionali e l’agricoltura sociale, corsi di formazione destinati agli studenti delle scuole secondarie superiori, giornate evento e occasioni di turismo esperienziale. Le premesse ci sono tutte: già oggi tra i clienti di micro-ortaggi e zafferano ci sono i migliori ristoranti della città. Tre chef stellati sono venuti a tenere lezione, cucinando a crudo davanti ai nostri giovani, mentre al progetto collabora anche il docente di agraria Vito Paradiso dell’Università di Bari proprio sull’agricoltura innovativa. Il nostro scopo è arrivare a rendere i ragazzi autonomi, il che non significa fare da soli perché la nostra filosofia è fare insieme, conoscere il processo e sapere come operare. Una cosa fino a ieri impensabile. Maria Teresa Pati ricorda ancora quando i ragazzi hanno visto per la prima volta il trattore: Erano eccitati, gridavano tutti, era come una giostra. Un anno dopo è diventato uno strumento di lavoro.