A livello globale si stanno facendo passi significativi nella riduzione della povertà, ma il tema delle disuguaglianze sociali continua a essere molto rilevante soprattutto a causa della pandemia e della crisi economica che ha travolto l’Europa. Cos’è la disuguaglianza sociale? Il termine “disuguaglianza” si riferisce a tutte le differenze in merito al possesso di risorse che generano opportunità di vita diverse, più o meno vantaggiose. Quando si parla di disuguaglianze va precisata la distinzione in disuguaglianze economiche e sociali: le prime dipendono dalla situazione economica dell’individuo; le seconde sono causate da genere, età, etnia, religione, orientamento sessuale o dalla posizione geografica. Una influenza l’altra e viceversa andando a intaccare la libertà e le possibilità di crescita di un paese, di una città o di una persona, come ad esempio limitando l’accesso alla dovuta assistenza sanitaria o a una giusta istruzione. I tipi di disuguaglianza sociale Le disuguaglianze sociali si suddividono in più sottocategorie. Grazie ai dati di un sondaggio Ipsos, ne analizziamo alcune nel dettaglio, confrontando i dati della disuguaglianza in Italia e nel mondo: La disuguaglianza geografica è riscontrata tra le aree più in difficoltà di crescita e sviluppo, una delle disparità più gravi nei 28 Paesi intervistati. In Italia la percezione di questa disuguaglianza è nella media, attestandosi al 42%, mentre è molto più bassa in Giappone e Germania (27 e 22%); La disuguaglianza etnica dipende dalla nazionalità: troviamo le persone più preoccupate in Sud Africa (65%) e negli USA (55%) con una maggiore sensibilità sul tema da parte degli under 35 a livello globale; La disuguaglianza generazionale, intesa come la differenza tra i cittadini più anziani e giovani, in Italia è sentita al 25% con picchi più alti in Giappone (39%) e più bassi, ad esempio, in Brasile o Germania (26%); è una disuguaglianza che incide su salario, livello di sicurezza sul lavoro, occupazione, disoccupazione e sulla difficoltà nel trovare alloggi; La disuguaglianza di genere è percepita come grave da meno della metà degli intervistati anche se nel nostro Paese, in Messico e in Spagna arriva rispettivamente al 40%, 45% e 42%. La distinzione delle disuguaglianze altro non è che il risultato di una forte stratificazione sociale in cui le principali risorse sono distribuite in modo diverso tra le persone: una quota della popolazione possiede reddito, istruzione, proprietà terriera, potere politico, prestigio personale o influenza intellettuale in misura superiore rispetto ad altre quote della stessa popolazione. Questa diseguale distribuzione di risorse genera povertà.I “nuovi poveri” E’ stato il 2020 ad essere definito l'anno dei nuovi poveri, persone con casa, lavoro e famiglia, ma cadute in povertà e che non hanno l'indispensabile per condurre una vita quotidiana dignitosa, anche a causa della pandemia: secondo il rapporto 2020 della Caritas Italiana sulla povertà ed esclusione sociale in Italia, i poveri assoluti erano 1 milione in più rispetto al pre-pandemia, arrivando al valore record di 5,6 milioni (pari a 2 milioni di nuclei familiari), con picchi nel Mezzogiorno (9,4%), anche se la crescita più ampia, registrata da un anno all'altro, si collocava nelle regioni del Nord (dal 5,8% al 7,6%). Il rapporto 2020 faceva emergere anche importanti differenze legate all'età, riportando un aumento di svantaggio per minori e giovani under 34. Il rapporto Caritas 2022, dal titolo “L’anello Debole”, presentato il 17 ottobre in occasione della Giornata internazionale di lotta alla povertà, ribadisce che non esiste una sola povertà: ce ne sono tante, aggravatesi nel post-pandemia e a causa delle ripercussioni della guerra in Ucraina. Sono state 227.566 le persone che nel 2021 si sono rivolte alla Caritas con un incremento del 7,7%. Tra gli assistiti, con un’età media di 45 anni, ci sono sia uomini (50,9%) sia donne (49,1%). E’ cresciuta, da un anno all’altro, l’incidenza delle persone straniere che si attesta al 55%, nelle regioni del Centro Nord mentre nel Sud e nelle Isole, prevalgono gli assistiti di cittadinanza italiana che corrispondono rispettivamente al 68,3% e al 74,2%. Più della metà degli indigenti (54,5%) soffre di povertà “multidimensionale”, ovvero legata a due o più ambiti di bisogno. Le fragilità che prevalgono sono: 80% povertà economica (reddito insufficiente); 48% problemi occupazionali; 21% problemi abitativi. seguono i problemi familiari (separazioni, divorzi, conflittualità), di salute o legati ai processi migratori. La parte più innovativa del rapporto Caritas riguarda la trasmissione intergenerazionale della povertà: in Italia e a livello internazionale essere poveri da bambini è altamente predittivo dell'esserlo anche da adulti. L’Italia risulta ultima tra i Paesi europei più industrializzati per mobilità sociale. Per i nati in famiglie poste in fondo alla scala sociale diminuiscono le opportunità di salire e, tra loro, il 28,9% resterà intrappolato nella stessa posizione sociale dei genitori, da qui nasce l’espressione sticky floor. Per liberarsi dalle catene della povertà occorrono 5 generazioni.Quasi sei persone su dieci vivono una condizione di precarietà economica in continuità con la propria famiglia di origine, sia pure con una incidenza diversa a livello territoriale: la povertà di tipo ereditario, che si trasmette “di padre in figlio”, è più frequente nelle isole e nelle regioni centrali, meno nel Nord-Est e nel Sud dove è più alta l’incidenza di poveri di prima generazione. Due i fattori che caratterizzano questo tipo di povertà: quelli determinanti, come la povertà economica, educativa e lavorativa della famiglia di origine, i fattori psicologici, tra cui bassa autostima, mancanza di speranza e progettualità e sfiducia nelle Istituzioni. Povertà assoluta ai massimi storici Anche la recente statistica Istat sulla povertà conferma sostanzialmente i massimi storici toccati nel 2020, con i poveri assoluti in Italia che toccano i 5,6 milioni. Le famiglie in povertà assoluta risultano 1,9 milioni (7,5% del totale), pari a 5.571.000 persone e di queste 1,4 milioni sono bambini e ragazzi minori di 18 anni (14,2%), i più colpiti. A livello geografico, il Sud si conferma l’area con la maggior incidenza di poveri (10%) mentre il dato diminuisce in misura significativa al Nord, in particolare nel Nord-Ovest (dal 7,9% del 2020 al 6,7%), ma registra un peggioramento della condizione delle famiglie con maggior numero di componenti: l’incidenza di povertà assoluta raggiunge il 22,6% tra quelle con cinque e più componenti e l’11,6% tra quelle con quattro; segnali di miglioramento provengono dalle famiglie di tre (da 8,5% a 7,1%) e di due componenti (da 5,7% a 5,0%). Guardando all’Europa, dall’analisi Eurostat, emerge una disuguaglianza per genere e nazionalità: chi è fuori dall’Unione Europea ha la probabilità del 25,2% di essere un lavoratore che vive in povertà, quella di un italiano è dell’8,8% e quella di un immigrato da Paesi dell’Ue è del 18,6%. Per quanto riguarda la disuguaglianza tra uomini e donne, in Italia il 14,8% degli uomini è a rischio povertà contro il 18,4% delle donne (la percentuale più alta dopo Spagna e Cipro). Se parliamo poi di una donna lavoratrice extracomunitaria il dato sale al 25,1%, mentre una madre single con figli a carico rischia al 20,8% di non arrivare degnamente a fine mese. Come combattere le disuguaglianze sociali? E’ uno degli obiettivi dell’Agenda ONU 2030, l’SDG 10 “Ridurre l’ineguaglianza all’interno di e fra le Nazioni” che mira, tra le altre cose, a: raggiungere e sostenere progressivamente la crescita del reddito del 40 per cento più povero della popolazione ad un tasso superiore rispetto alla media nazionale; potenziare e promuovere l'inclusione sociale, economica e politica di tutti senza alcuna distinzione; eliminazione di politiche discriminatorie, assicurando pari opportunità a tutti, e adozione di politiche per raggiungere progressivamente una maggiore uguaglianza; tutelare ciascun lavoratore garantendo un salario dignitoso ed equo per donne e uomini; assicurare ai Paesi in via di sviluppo una maggiore rappresentanza nelle sedi decisionali globali; adottare misure speciali per i Paesi in via di sviluppo, supportandoli concretamente.Come Onlus, siamo al fianco delle organizzazioni del terzo settore sostenendo progetti di assistenza e accoglienza volti a superare i contesti di esclusione sociale e capaci di creare inclusione per garantire a tutte le persone una vita dignitosa. Tra questi, Varcare la Soglia, il programma nazionale di Fondazione L’Albero della Vita per ridurre le condizioni di povertà delle famiglie in numerose periferie italiane, CRI per il Sociale, il progetto di Croce Rossa Italiana per sostenere i più fragili e contrastare le nuove povertà, il sostegno alla Caritas Ambrosiana per il centro diurno per senza fissa dimora di Milano, o il bando Nel Cuore del Sud, promosso insieme a Fondazione CON IL SUD, per attivare nelle aree interne del Mezzogiorno percorsi di autonomia per persone con fragilità o a rischio marginalità, e creare occasioni di sviluppo locale. Anche l’istruzione è uno strumento fondamentale contro la povertà educativa e culturale: in questo campo sosteniamo iniziative come ad esempio Base Camp: Presidi Educativi Territoriali insieme a Impresa sociale Con i Bambini, nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, il progetto Casa di Quartiere San Bao a Brindisi o Fare scuola con Fondazione Reggio Children. Siamo particolarmente attenti anche alle condizioni di genere, supportando iniziative come A Vele Spiegate, per accrescere l’autonomia lavorativa di donne che stanno affrontando percorsi di uscita dalla violenza, o Casa Marzia, dove vogliamo dare alle mamme in condizioni di disagio e fragilità la possibilità di guardare al loro futuro come donne indipendenti.